L’intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro: gli obblighi per le imprese

Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale è entrata con decisione nel mondo delle imprese, trasformando il modo in cui si lavora, si decide e si gestiscono le persone. Dalle funzioni di selezione del personale ai sistemi di valutazione delle performance, dalla gestione dei dati alla pianificazione strategica, l’IA è diventata un alleato sempre più presente. Le aziende la utilizzano per velocizzare processi, ottimizzare costi e migliorare l’efficienza, spesso senza rendersi conto che, insieme ai vantaggi, porta con sé anche una serie di obblighi giuridici, etici e organizzativi.

La nuova regolamentazione europea e italiana impone alle imprese un approccio consapevole e strutturato. Con l’approvazione del Regolamento (UE) 2024/1689, il cosiddetto AI Act, l’Unione Europea ha definito per la prima volta un quadro normativo completo sull’intelligenza artificiale. L’obiettivo è duplice: promuovere l’innovazione e, al tempo stesso, garantire che le tecnologie siano utilizzate in modo trasparente, sicuro e rispettoso dei diritti fondamentali. In altre parole, le aziende possono e devono innovare, ma all’interno di regole precise.

Il regolamento classifica i sistemi di intelligenza artificiale in base al livello di rischio. Alcuni usi sono considerati inaccettabili e quindi vietati, come i sistemi di sorveglianza massiva o di manipolazione comportamentale. Altri, come quelli che incidono su decisioni legate al lavoro, alla salute o all’istruzione, rientrano tra quelli ad “alto rischio” e sono soggetti a requisiti stringenti. È proprio qui che si concentrano le principali implicazioni per le imprese: molti strumenti ormai diffusi, come software di selezione automatizzata o piattaforme di valutazione delle prestazioni, appartengono a questa categoria.

A livello nazionale, l’Italia ha rafforzato il quadro normativo con la Legge n. 132 del 23 settembre 2025, che integra le previsioni europee introducendo ulteriori regole in materia di trasparenza, governance e responsabilità. Ciò significa che un’impresa che decide di introdurre l’intelligenza artificiale nei propri processi deve essere in grado di dimostrare di averlo fatto nel rispetto di criteri precisi: informare i lavoratori e gli utenti, garantire la supervisione umana, documentare le scelte e mantenere il controllo dei sistemi.

Uno dei principi cardine di questa normativa è la trasparenza. Se un’azienda utilizza un algoritmo per prendere decisioni che riguardano le persone – come selezionare un candidato, valutare un dipendente o assegnare un compito – ha l’obbligo di informare in modo chiaro e comprensibile che un sistema automatizzato è coinvolto, spiegando come funziona e su quali dati si basa. È una forma di tutela che rafforza la fiducia e rende il rapporto tra impresa e lavoratore più equilibrato, evitando zone d’ombra o decisioni “opache”.

Ma non si tratta solo di comunicazione. La normativa richiede anche una vera e propria mappatura dei sistemi di IA presenti in azienda, per valutarne il livello di rischio e adottare le misure di sicurezza necessarie. Questo comporta la creazione di un registro interno dei sistemi utilizzati, l’analisi dei dati impiegati, la verifica periodica dei risultati e la presenza costante di un controllo umano nelle decisioni più delicate. È un lavoro che può sembrare complesso, ma che serve a prevenire errori, discriminazioni e responsabilità legali.

La gestione dell’intelligenza artificiale, inoltre, non può essere lasciata al caso. È necessario definire un modello di governance interna, individuando chi è responsabile dei sistemi, chi ne verifica l’affidabilità e chi si occupa di monitorarne l’impatto. In molte aziende si sta già introducendo una figura simile a quella del Data Protection Officer, ma con competenze specifiche sull’IA. Anche la formazione del personale diventa un aspetto cruciale: chi utilizza questi strumenti deve comprenderne i limiti e sapere come intervenire in caso di errori o risultati anomali.

La documentazione è un altro pilastro della compliance. Ogni impresa dovrà essere in grado di ricostruire il funzionamento dei propri sistemi di IA, dimostrando di aver adottato misure adeguate di controllo e aggiornamento. In caso di verifiche o contestazioni, la tracciabilità delle decisioni e la prova di una corretta gestione diventano elementi fondamentali di tutela.

Tutto questo può sembrare un aggravio burocratico, ma in realtà rappresenta un investimento strategico. Governare l’intelligenza artificiale con regole chiare non significa frenare l’innovazione, ma renderla sostenibile e affidabile. Le imprese che si muovono in anticipo su questo fronte non solo riducono il rischio di sanzioni, ma acquisiscono un vantaggio competitivo fondato sulla fiducia. Un’azienda che utilizza l’IA in modo trasparente e responsabile comunica solidità, etica e attenzione verso le persone — valori sempre più apprezzati da clienti, partner e lavoratori.

L’intelligenza artificiale, insomma, non è solo una questione tecnologica, ma una sfida di cultura aziendale e di governance. Le imprese che sapranno integrarla nei propri processi con competenza e consapevolezza potranno cogliere le opportunità che offre, evitando i rischi di un uso inconsapevole. La normativa europea e italiana segna la direzione: innovare sì, ma in modo trasparente, sicuro e responsabile.
E chi saprà farlo per tempo sarà pronto non solo a rispettare la legge, ma a guidare il cambiamento.