La variabile fiscale nella gestione della crisi d’impresa

Il ruolo del team multidisciplinare e del tributarista

La gestione efficace della crisi d’impresa richiede l’intervento coordinato di un team multidisciplinare di professionisti — commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e tributaristi — in grado di affrontare le diverse dimensioni del risanamento.
Tra queste, la variabile fiscale assume un peso decisivo, spesso determinante nella scelta dello strumento di regolazione della crisi previsto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII).

Il tributarista, in particolare, gioca un ruolo essenziale: molte imprese in crisi presentano esposizioni rilevanti verso l’amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, INPS, INAIL).
La peculiarità di questi creditori è quella di reagire in modo tardivo rispetto ai creditori privati, a causa delle rigide procedure di recupero e delle rateazioni previste dalla normativa. Tale ritardo, però, genera un effetto distorsivo: mentre il debitore gestisce i creditori privati con accordi e dilazioni, i debiti fiscali e contributivi si accumulano, maggiorati da sanzioni e interessi.

Quando la crisi emerge pienamente, la componente fiscale rappresenta spesso la parte predominante del passivo, rendendo indispensabile un’attenta valutazione del trattamento tributario e contributivo nei diversi strumenti di risanamento.

I sette fattori fiscali che orientano la scelta dello strumento

Secondo la dottrina, la comparazione tra gli strumenti del Codice della Crisi deve basarsi su sette fattori tecnici di rilievo fiscale:

  1. Perimetro dei debiti ristrutturabili
    Negli accordi di ristrutturazione, nel concordato (anche semplificato) e nel PRO, tutti i debiti fiscali e previdenziali possono essere falcidiati e dilazionati.
    La composizione negoziata presenta invece limiti: non consente la ristrutturazione dei debiti contributivi né di quelli relativi a risorse proprie dell’UE (esclusa l’IVA).
  2. Cram down fiscale
    È possibile imporre la ristrutturazione ai creditori pubblici anche in caso di dissenso (cram down) negli accordi di ristrutturazione non liquidatori e nel concordato preventivo.
    Non è ammesso nel PRO né nella composizione negoziata.
  3. Limitazioni del cram down
    Solo gli accordi di ristrutturazione prevedono soglie minime di soddisfacimento dei creditori pubblici.
    Nel concordato liquidatorio vige comunque la soglia del 20% ex art. 84 CCII, salvo risorse esterne.
  4. Responsabilità solidale nelle cessioni d’azienda
    Le recenti riforme hanno esteso a tutti gli strumenti del CCII l’esclusione della responsabilità solidale del cessionario per i debiti fiscali dell’impresa cedente, rafforzando la tutela degli acquirenti.
  5. Trattamento delle sopravvenienze attive da esdebitazione
    L’art. 88 TUIR prevede la detassazione delle sopravvenienze da esdebitazione. Tuttavia, rimangono dubbi interpretativi per il concordato semplificato e il PRO, non espressamente richiamati.
  6. Tassazione delle plusvalenze
    Il concordato preventivo con cessione dei beni, e più in generale le procedure liquidatorie con spossessamento del debitore, offrono un regime fiscale più favorevole, aumentando le risorse per i creditori.
  7. Regime IVA delle riduzioni dei debiti
    Le procedure concorsuali vere e proprie risultano più vantaggiose sotto il profilo IVA rispetto agli strumenti negoziali, con effetti positivi sull’economicità complessiva dell’operazione.

Le novità normative e le incertezze interpretative

Con la Legge n. 111/2023 e il successivo D.Lgs. n. 87/2024, il legislatore ha ampliato le tutele fiscali per chi opera in ambito concorsuale, estendendo a tutti gli strumenti del CCII e alla composizione negoziata l’esclusione della responsabilità solidale del cessionario per i debiti tributari dell’impresa cedente (art. 14, comma 5-bis, D.Lgs. 472/1997).
Tale previsione è operativa dal 29 giugno 2024, ma l’Agenzia delle Entrate, in un chiarimento del 19 settembre 2024 (TeleFisco – Il Sole 24 Ore), ha limitato l’applicazione alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024, con piena efficacia solo dal 1° gennaio 2027.

Questa interpretazione restringe temporaneamente l’ambito dell’esonero, introducendo un periodo transitorio di incertezza che rischia di attenuare l’impatto immediato della riforma e di indebolire la finalità di tutela degli operatori.

Conclusioni

La variabile fiscale è oggi uno degli elementi più determinanti nella gestione e nella regolazione della crisi d’impresa.
La scelta dello strumento più adeguato richiede una valutazione integrata, che consideri non solo la sostenibilità economico-finanziaria ma anche le implicazioni tributarie e contributive.
Un approccio multidisciplinare, che valorizzi la competenza del tributarista accanto a quella dell’esperto della crisi, rappresenta dunque la chiave per un risanamento efficace, realistico e conforme alle opportunità offerte dal quadro normativo attuale.